IX puntata – “Gesù. Un racconto sempre nuovo”
XVII L’emorroissa, la figlia di Giairo Anche i bambini vengono a curiosare, spesso Gesù scherza con loro, anche se fanno chiasso e sono molesti. Ma se qualcuno tra i discepoli prova ad allontanarli, Gesù lo ferma. Lascia che i ragazzetti gli girino intorno. Anche nei giorni in cui è più stanco e silenzioso, come questo, non allontana nessuno, neanche i più piccoli che camminano verso di lui mentre le madri distratte accompagnano vecchi padri storpi, o sostengono i figli più grandi ciechi. Ogni volta che entrano in villaggi come questo si precipitano in tanti. Anche ora la calca s’è fatta asfissiante. Sole alto. Un uomo si è gettato ai suoi piedi mentre poco fa sostavano all’ombra e Gesù parlava alla gente. Subito si era fatto silenzio perché l’uomo è uno dei capi della sinagoga. È temuto e rispettato. Si chiama Giairo. Nessuno lo aveva mai visto così prostrato. «Signore,» ha detto senza alzare la fronte «mia figlia è molto ammalata, sta per morire, vieni da lei». Gesù si è alzato subito, e si sono incamminati. La folla si è messa a seguirli, li circonda. Pietro guarda Gesù silenzioso, strattonato, toccato, chiamato. Lui resta silenzioso, offre la mano, accenna un sorriso, bisbiglia qualcosa mentre accarezza la fronte di qualcuno di questi malati. Il caldo è asfissiante. Dovrebbero cercare una casa, qualcuno che offra a Gesù una stanza, un pasto. I discepoli che erano andati avanti a cercare ospitalità non sono tornati, non hanno trovato, stanno ancora cercando. Con il caldo la pressione della folla si fa insopportabile. Gesù cammina dietro Giairo, ha i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Il suo sguardo ha deviazioni di diamante notturno in mezzo a pupille dilatate, occhi arrossati. Ci sono momenti in cui la folla ondeggia. Alcuni ne escono di corsa, gridando parole incomprensibili. Alcuni provano a infilarsi nel mucchio per cercare di raggiungere il centro, dove Gesù cammina a rilento, attorniato da alcuni dei discepoli. Al loro passaggio in un punto stretto della strada, tra alcune casupole dove la strada si restringe tra le pareti di terra e paglia, una donna senza farsi notare si incunea in mezzo alla gente, e si protende quasi stendendosi a terra, a rischio di essere calpestata. È tutta fasciata, avvolta in un panno nero, sudicio. La sua mano si fa largo tra le schiene pressate, il suo volto velato come una morta tra le braccia, i gomiti, i lembi di vesti, certe bisacce unte, le stampelle. Gesù si sta facendo strada faticosamente, la casa di Giairo non è distante e l’uomo ha fretta di arrivare. Spintonano, c’è chi protesta, chi vorrebbe parlargli, chi chiama il suo nome mentre viene respinto indietro dalla calca. Poi, appena passata quella strettoia tra le case, Gesù si ferma di colpo. I discepoli si bloccano anch’essi, la folla ondeggia. «Chi mi ha toccato?» chiede. Pietro lo guarda in modo interrogativo. Sono ore che la gente si accalca per una sua occhiata, una carezza, uno sfioramento. Non sa cosa dire, fa un sorriso e si guarda intorno. Anche Filippo e Tommaso, tutti sudati, sorridono un po’ smarriti. «L’emorroissa…» bisbiglia qualcuno all’orecchio di Andrea. E, dal groviglio di gambe e corpi poco dietro di loro, emerge la donna tutta coperta di vesti nere, fasciata e sudicia. Emerge come un animale antico, con un mugolio rovinoso, il viso e la testa coperti dal telo nero orrido. Risale dalla polvere mentre alcuni si scansano il poco che è possibile da lei, che alza e rotea lentamente il busto verso Gesù, mentre inizia ad aprirsi le vesti con le mani magre, macchiate di terra e sangue. Il suo corpo emana un fetore greve. Odore di sangue morto. Molti ora sono voltati verso di lei. Chi è indietro e ancora deve passare la strettoia spinge, si alza sulle punte, cerca di capire perché si sono fermati. «Sono stata io… Sono diciotto anni…» dice la donna ridendo e piangendo quasi impercettibilmente, in un tremito solo. Con un movimento lentissimo ora tira, strappa le fasce dalle braccia, dal petto. «Diciotto anni che perdo sangue… sempre debole, immonda…» Mostra la carne bianchiccia, chiazzata di macchie cupe, le grinze sotto il collo, le spalle di solitudine e il seno magro e appassito fasciato da un telo sporco. In questo punto della folla si è fatto silenzio, si è aperta una rosa di stupore muto. «I medici mi hanno fatto di tutto, ma nessuno mi ha mai guarita… Mi dicevo… se solo tocco il suo mantello, io… già sento le forze tornare, e io…» Il viso ora liberato dalla fasciatura si mostra pallidissimo e magro, i capelli le vanno ai lati come serpi, gli occhi in quella magrezza stanno diventando immensi. Gesù fa un passo verso di lei, le prende una mano. Lei la lascia timida nelle sue: «La tua fede ti ha salvata. Va’ in pace». La donna se ne va, una amica o forse una parente bassa e grossa la abbraccia, la copre, ride, fanno una loro piccola festa di grida sommesse, e cercano di uscire dalla folla. Andrea le guarda. Il volto di Gesù si abbassa, sembra esausto. In quel momento dalla via davanti a loro arriva di corsa un uomo, con un portamento deciso, severo. È il servo di Giairo: «Tua figlia è morta, mio signore». E guardando Gesù: «Ora è tutto inutile, non vale più la pena disturbare il maestro…». Giairo si mette le mani sulla faccia. Vorrebbe gridare. Ma Gesù prendendogli un braccio, gli dice: «Non piangere, andiamo». Poi rivolto a Pietro, a Giacomo e a Andrea: «Venite con me solo voi». Giairo tenuto per il braccio da Gesù riprende a camminare, con il viso che scoppia di pianto. Mentre Filippo e gli altri tengono indietro la folla, Gesù e i tre discepoli con Giairo e il suo servo si dirigono verso la casa. Nel cortile ci sono donne che fanno strepito. Pianti e urla sotto alcune piante polverose. Il rito che riempie di voci il vuoto insopportabile. La morte con il suo volto senza espressione …