La poesia mette a fuoco la vita

La poesia mette a fuoco la vita

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Quanti misteri e non detti ci possono essere tra un nonno e un nipote? Specialmente se quel nonno è Enea, spesso chiuso in un silenzio profondo, in cui nessuno poteva entrare. Quello dove erano custoditi i dieci anni in Eritrea, dove era stato mandato a lavorare, e il lacerante dolore per la perdita di Marta, la sua terzogenita, morta a ventidue anni in un incidente stradale mentre andava al mare.
Tutti, almeno a parole, vogliono una vita più “naturale”. Più a contatto con la natura e che la salvaguardi. Ma che cos’è la natura? In un’epoca dominata da nuove scoperte, dalla crescita tecnologica, da una nuova sensibilità ecologica, ma anche da nuovi fenomeni inquietanti, come pandemie globali e squilibri dell’ambiente, risuona potente la domanda su cosa sia un comportamento veramente naturale nella vita di una persona.
Una riflessione sul linguaggio come movimento e tensione, patrimonio ed energia. Un poeta e una studentessa fanno dialogare i propri appunti di viaggio sul lavoro del traduttore come esperienza di vita che lo porta ad aumentare la propria coscienza del vivere scomparendo, per ardore, nella parola.

Poesia, i classici

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A proposito...

«Respiriamo prima di tutto la levità di questa scrittura che invita le nostre percezioni a uscire dalla cornice abituale entro la quale si dispongono; a liberarsi dalle loro obbligatorie coordinate. [...] Assorbiamo questa inattesa libertà di assumere da qualsiasi parte la realtà per aggregazioni e associazioni e poi per diluizioni e dissolvenze che spaziano senza demarcazione rigida tra l’umano e il naturale oggettivo. Le colline entrano nella grammatica emotiva dell’esistenza ordinaria non come contorni ma come organi vivi di essa e testimoni a distanza al pari dell’aria o dell’albero. Molte poetiche e tecniche dell’avanguardia hanno spianato la strada a Rondoni ma nessuna è coincidente; è un respiro autonomo, uno slancio».
Mario Luzi
«In un tempo di incertezza e di interrogazioni mentre sembra velarsi l’altro accomodante del postmoderno, la poesia di Davide Rondoni attinge più che mai una pienezza vitale, e forse è il suo dono nativo, che non ignora però il vuoto oscuro della coscienza, il tremore teso e nudo della speranza, e vi associa una tenerezza insieme intima e impetuosa, sospesa fra “dolore e lode” [...] È la voce di un poeta del nuovo secolo, oramai uscita dalla tradizione mutevole del Novecento con la consapevolezza e disincantata e spavaldamente polemica del nostro presente “piumato e crudele”, tanto più dinanzi al “bellissimo viso ferito del mondo”».
Ezio Raimondi