Poesia e natura. La sfida di una vita più naturale

Poesia e natura. La sfida di una vita più naturale

Meeting di Rimini, 22 agosto 2023

1) Natura. Cioè?

Buongiorno e grazie. Un grande poeta di origine caraibica e premio Nobel nonché un amico morto non molti anni fa - si chiamava Derek Walcott - nel primo verso di una sua poesia scrive: “L'ideale perpetuo è lo stupore”. Anzi forse dall'inglese sarebbe meglio tradurre lo sbigottimento, quasi l’attonimento invece che stupore.
Perché parto da questa citazione? Non solo per un omaggio a un grande amico, a un grande poeta. Perché quando si parla di natura, e lo dico per fortuna potendomi appoggiare sulle belle idee che sono già state dette, la prima cosa che un poeta sente è che si sente un po' un'aria di scontato. Come se la natura, “beh la natura” si sa … Ma cosa vuol dire la parola natura? Cosa intendiamo veramente con la parola natura? Apparentemente sulla parola natura siamo tutti d'accordo. La natura è importante, bisogna rispettarla, eccetera. Quando poi si comincia a dire: ok, dunque, cosa è più naturale? Già qui… qual è una nascita naturale? Una morte naturale? Una sessualità naturale? Un’energia naturale? Una civiltà naturale?
Si comincia a discutere. Se si danno per scontate le parole, gli aggettivi che derivano dalle parole cominciano a creare problemi. Uno potrebbe cavarsela dicendo: beh, certo la natura è chiaro che è naturale, pensando di dire le cose come stanno. “Le cose come stanno” è una tautologia. Cioè una frase che presume di spiegare se stessa e spesso non lo fa. Chi decide le cose come stanno? Tant'è vero che i poeti creano degli strani accoppiamenti, le metafore. Non dicono le cose come stanno per dire davvero le cose come stanno. Perché, se dico alla donna che m'ha rapito gli occhi e il cuore: “sei bella come un'alba nel South Dakota” non dico le "cose come stanno", ma sto usando una metafora e dico la verità, le cose come stanno a un altro livello.
Dunque la natura non è quella roba lì, scontata e disponibile come un dato che io posso conoscere, possedere e usare. Già un grande filosofo antico, Eraclito, diceva che "la natura tende a nascondersi". Credo, tra l'altro, che venisse citato, nel video “Il senso religioso” di Giussani, quel grande libro antropologico di conoscenza. Io credo che in questi anni sulla parola "natura" e sul suo uso sia in atto una grandissima operazione ideologica anche molto violenta, per quanto piena di colorini verdi e azzurrini.
È come se si desse scontato che la natura è un dato. E poi ci sei tu, essere umano, che scegli come comportarti. Ma la natura non è un dato, la parola natura vuol dire “tutto ciò che nasce”. Quindi non sta mai ferma, diciamo così. Già non è un puro dato, perché noi non siamo macchine che registrano i dati, non siamo una macchina fotografica o un algoritmo. E quindi anche il nostro rapporto con la natura non è mai la pura registrazione di un dato. È sempre un rapporto monile e dipendente da tanti elementi variabili. Tant'è vero, per fare un esempio, che sento molte campagne in favore della difesa del cerbiattino - giustamente - mentre della zanzara non gliene frega niente nessuno. Non sento molta gente commuoversi per i topi. Cos'hanno dj meno naturale dei panda?
Si badi, il mio punto di vista nel rapporto con la natura non è un punto di vista soggettivo e poi c'è l'oggettivo. Non è mai vera la conoscenza che si fermi a dire e a opporre "soggettivo" o "oggettivo". La conoscenza è un rapporto personale (non soggettivo) con il reale che mi si propone come non creato (non nato) da me. Oltre che con me stesso, e quel che di me non nasce dalla mia volontà. E somo parecchie cose, dalle mie orecchie, al battito cardiaco, al mio carattere, dire anche la mia morte, di certo la mia lingua oltre a una serie di incubi, ossessioni, desideri irrefrenabili, passioni e talenti. Ci sono nella relazione della conoscenza con la natura, dunque, una serie di questioni che si animano per gli interessi coscienti e anche incoscienti che ho: voglio che i miei figli stiano in un posto senza topi, ad esempio. E pure gli ecologisti più estremisti credo che amano abitare come io abito in un bosco fuori dalla città, non lasciano entrare volentieri serpenti e cimici in casa loro. Dove sono io la natura deve anche darsi una regolata per non farmi girare le p. Se no gliela do io. E quindi la natura va a farsi apparentemente fottere in quel momento. Insomma, ho accennato brevemente al fatto che se dico "natura" si apre una serie di problemi che qui non posso approfondire. Ma che tutti capite, immaginate. Il rapporto con la natura è tutt'altro che ovvio, tutt'altro che scontato, tutt'altro che dato una volta per tutte.
Una volta, il termine naturale non era inteso cosi positivamente come lo è oggi, perché c'era imperante il mito della civiltà. Anzi ciò che era naturale era considerato un po’ "basso". Adesso sembra il contrario, dopo aver fatto un’overdose di civilizzazione sentiamo magari un po' di nostalgia della natura e facciamo delle belle passeggiate nei boschi, cioè non li facciamo "nella natura" ma in paesaggi creati dall'uomo. Perché, se tu stai in un bosco selvaggio per una settimana non è la stessa cosa che fare una bella passeggiata nel parco creato dall'uomo, che è invece "paesaggio" non "natura". Lo dico perché la cosa è un po' più complicata di come viene trattata. E le cose quando vengono semplificate troppo sottendono un qualche interesse.
Come si fa di fronte a una cosa complicata? E qui complicata è davvero se da sempre filosofi, poeti, frati, professori hanno parlato del rapporto tra uomo e natura) e non è che qualcuno ha trovato la soluzione. Anche il Papa dice di dover continuare l’enciclica, si continua a parlare, è un tema aperto. La cosa peggiore - lo dico come piccolo avviso - è, quando si parla di queste cose, come del rapporto uomo/natura, tendere ad arrivare a una conclusione.
Calma! È un inseguimento continuo, la vita naturale è come dire la vita amorosa. Non è un aggettivo che dai a una certa cosa, ma è un metodo di vita. La parola naturale, a mio avviso, più che indicare un aggettivo “yogurt naturale”, “rapporto naturale”, “morte naturale”, “nascita naturale” - dando un po'per scontato cosa voglia dire. La parola naturale indica una sorta di inseguimento continuo una sorta di ideale.

2) Essere umani. Cioè non accontentarsi di campare

Per tornare dunque alla questione di fondo, come si fa a orientarsi attorno a una cosa complicata? Effettivamente è un po' complicata o, meglio, vitale. Ed è bella anche perché è complicata. Una prima strada la accennava già prima fra Giulio: quando vuoi capire qualche cosa, il primo elemento è cercare di intendere lo scopo di quella cosa. Vedi un tavolo e la prima cosa per capire di cosa si tratta è vedere che regge gli oggetti. Poi ci si può anche saltarci sopra e ballarci la Samba. Ma individuare lo scopo di una cosa è il primo passo per rapportarsi con questa cosa. Se io vedo una bicicletta e la tratto come un cavatappi ci impiegherò un po' di tempo ad avere un rapporto con quella cosa. Se vedo una donna e la tratto come un cavallo non capirò cos'è una donna o un cavallo e nemmeno un uomo o un bambino.
E dunque lo scopo della natura è perpetuare sé stessa. Ha una energia di perpetuazione. La vita, le foglie, gli alberi, le pietre, i vermi, i beccafichi, le alghe, i lupi etc hanno uno scopo per cui quando li si studia si rimane basiti. Lo stupore, l’attonimento a proposito di quante vie infinite, delicatissime o violentissime, le creature cercano e trovano per continuare ad evolversi, svilupparsi, fortificarsi, e. La vita cerca la vita, diceva un grande poeta che si chiama Mario Luzi.
La vita cerca la vita e a volte è sorprendente, commovente vedere come gli alberi si radicano e inventano movimenti di radici per riuscire a continuare, vedere l’accoppiamento delle specie per potersi perpetuare in modo più forte, per resistere un certo ambiente, adattarsi, i percorsi dei lupi. Lo scopo della natura è giustamente vivere, la vita cerca la vita.
L'uomo, anche l'uomo, cerca la vita. In modo sorprendente, struggente. A volte con una tenacia e una inventiva prodigiose. E qui, proprio qui, viene, si annida grande questione. Perché a un uomo non basta campare.
Ed è uno degli elementi che io sento tra i più allarmanti quando si parla del rapporto tra uomo e natura. La riduzione dell'uomo a una specie come un'altra, come se il nostro unico problema fosse la salute, e sopravvivere.
Certo che la salute è importante e ce l’auguriamo tutti. Ma - per essere brutali - se il problema della vita di un essere umano fosse campare, se la durata della specie fosse l'unico nostro motore interiore, ciò che determina in modo fantastico e commovente il nostro scopo, allora Falcone, Borsellino, Livatino sono stati tutti dei "coglioni". Perché invece che pensare solo a durare, hanno teso ad affermare con la loro vita e con il rischio della loro vita qualcosa di più "grande". Io credo che se ci chiedessero: “vuoi tre anni di vita in più per te, Davide? O vuoi tre minuti, tre giorni in più per tua figlia?”. Non ho dubbi su cosa risponderei, perché l'unico scopo non è la vita cerca la vita, la mia vita cerca la mia vita. E se indubbiamente anche certe specie animali mettono a repentaglio la propria vita per proteggere la prole, non credo che lo farebbero per la giustizia o per la bellezza o per la verità. O per Dio.
Questo lo dico perché il rapporto uomo/natura è complicato da questa cosa: lo scopo della vita di un uomo non coincide solo con lo scopo della natura. Tant'è vero che l'uomo a volte ha una trattativa anche molto dura con la natura, non è che la lascia fare quel che "vuole". Orsi cari e belli, ma fuori da casa mia, se no si prende il fucile, mica si fa un dibattito.
Pensate a quanta chimica o altro tipo di medicinali opponiamo all'azione naturale che ci farebbe venire un tumorello al pancreas o anche solo un'irritazione. Opponiamo una forza alla natura, facciamo una trattativa e non significa che è cattiva e noi buoni, o viceversa. A tal proposito, occorre una prima umiltà. Leopardi come San Francesco diceva che l'uomo nella natura deve essere come un mendicante. Vuol dire non ritenere che la natura dipenda da te. Tu sei piccolo. E poi c’è l’”Altissimu”, prima di tutto la sproporzione, prima di tutto il senso della sproporzione. E questa idea che noi salviamo la natura fa sorridere e sembra che tutto dipenda dall'uomo. Siamo una pulce, siamo semmai una pulce in mezzo alle forze della natura.
Quindi pensare che sia tutto merito o colpa nostra fa un po' ridere, bisogna volare più bassi e ammettere anche di avere un limite. Il limite della mia specie che è speciale perché non pensa solo a campare. Io non avrò mai il punto di vista anche del bruco, o della zanzara. Dove ci sono io, la zanzara deve togliersi dalle balle. Mi dispiace, occorre vera umiltà, purtroppo non posso avere anche il punto di vista della zanzara. Non sono Dio, non sono l'anima del mondo. Sono un piccolo essere, che a volte per campare si fa largo tra le zanzare o non vuole che gli orsi siano nel suo giardino. Mi dispiace per il punto di vista dei lupi, ma devo ammettere il limite il mio punto di vista.
Dunque bisogna intendersi su qual è lo scopo della vita umana, ovvero interrogarsi sulla natura umana. Senza tale seria interrogazione ogni discorso sulla "natura" (parola insorta nella esperienza umana e non lupesca o topesca). Se lo scopo della vita umana è puramente perpetuare la vita, allora “refrigeriamoci” tutti. Non so, svegliamoci fra 200 anni dopo esserci crioconservati. Va bene così? Se lo scopo della vita è puramente perpetuare la specie, non avere più una domanda di senso, d'amore, di significato della vita, crioconserviamoci tutti. A un certo punto facciamo una legge che a 50 anni ci congeliamo tutti e ci svegliamo fra duemila anni. Non ci piace molto come idea, perché non è questo lo scopo dell'esistenza umana. Da questo dilemma, da questa differenza di potenziale nasce l'umiltà di riconoscersi dentro un'energia “stra” più potente di noi. Perché, se il vulcano deve eruttare non ti chiede il permesso, non chiede il permesso all'essere umano che pur appartiene alla specie che ha generato i capolavori di Bach, inutili per la sua perpetuazione ma necessari per la ricerca del senso. E infatti san Francesco non chiama la natura "madre". Mai. Francesco come Leopardi sapeva che, se un giorno chiami "madre" .la natura, il giorno dopo devi chiamarla matrigna. Perché un giorno ti manda la brezzolina leggera, il giorno dopo ti manda l'eruzione dell'Etna. È sempre la natura. È sempre la mamma?! No, non è la mamma. Questi sono alcuni elementi che complicano o, meglio, vivificano questo rapporto. È importante pensarci, è importante avere delle piste grandi, non scontate su questo tema. Così come San Francesco ha dato, ad esempio, non parlando mai di natura, ma di creature. Non parlando di un soggetto/oggetto che si chiama "natura", che sarebbe ciò che ci garantisce - non si capisce perché - una vita pura.

3) La purezza biologica non è purezza spirituale

E qui finisco accennando a un elemento non secondario, che meriterebbe ben altri approfondimenti, ma non è eludibile. Una delle ambiguità più grandi sta nel pensare che la vita naturale sia più pura. Che sia meglio, in termini di purezza, perchè disintossica meglio il fegato. Può essere certamente che faccia meglio al fegato bere più tisane di whisky. Ma questo non garantisce una vita più pura, perché la purezza non è una qualità biologica. Altrimenti il passo è molto breve dal pensiero che la natura abbia un livello biologico puro, al fatto che ci sia dunque una razza umana più pura. Esagero? L'esempio che faccio sempre, un po' brutale, è che uno dei più importanti vegani della storia si chiama Adolf Hitler. Non ce l 'ho coi vegani, ovviamente, ma scuoto qualche inquietudine forse intorpidita.
La purezza non è mai una qualità biologica, se non in senso tecnico. Mi spiego: è chiaro che ci può essere il vino in purezza, ma quella è una questione tecnica. La purezza come invece oggi ce la spacciano, molto spesso, è la qualità della vita più naturale. Più naturale ovvero più pura. No, non è detto! Hitler amava molto la purezza della biologia e della razza. Ma la purezza se c'è, quando c'è, a volte sorprendentemente anche in tipi strani, è una qualità dello spirito, una qualità dell'animo, del cuore e non delle cellule. La purezza che interessa a un uomo non è solo la purezza biologica, pur se questa, e nemmeno in tutti i casi, può fare bene alla salute biologica delle mie cellule. Oggi la mentalità corrente è presa all'amo spesso della equivalenza natura/purezza, naturale/ persona migliore, purezza biologica/ purezza morale. Ciò che è più naturale garantisce maggiore purezza, pare. Ma in natura non c'è nulla di puro se non in senso biologico, e nemmeno tanto...

4) Concludendo

Un altro grande poeta che ho conosciuto, Adam Zagaevskij, diceva: “Dio è come il seme più piccolo del papavero, esplode di grandezza”.
Lo sguardo di san Francesco ci può aiutare perché sente in modo fortissimo la sproporzione tra sé e le forze della natura, il "frate focu", il sole, sorella luna, le "clarite" stelle. E soprattutto sente una sproporzione ancora più grande con l'Altissimu, con quella “u” finale che sembra ci sprofondi dentro quando la dice. Se perdiamo questo senso di sproporzione, questo attonimento e stupore, quando ci mettiamo a parlare di natura, di creature, stiamo parlando invece dell'orticello di casa. E no, non è la stessa cosa. La grandezza e la profondità non sono solo dimensioni dello spazio, ma dell'abitare e pensare il mondo.

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