Ungaretti, scrittore scandaloso
Ungaretti è il vero scrittore scandaloso italiano. Non solo perché la sua vita, e secondo voci che si rincorrono negli ambienti letterari, anche la sua morte, è stata piena di veri scandali, ma perché scandaloso è il nucleo della sua forza artistica rispetto al tempo in cui si è espressa e ancora oggi.
Scandalosa è la sua bellezza. Scandalosa è la esclusione dal Premio Nobel, dato ai suoi due "colleghi" Quasimodo e Montale, i quali furono giustamente riempiti di onori dalla cultura dominante, mentre Ungaretti brindava, si dice, con "Montale senatore, ma Ungaretti fa l'amore". Scandaloso il suo leggere e interpretare fisicamente la poesia mentre i due "colleghi" la offrivano con stile da borbottio ministeriale o sussiego da avvocaticchio di provincia. Scandalosa la sua quasi petulante ammirazione per Mussolini, appassionata per l'uomo e invece confusa, abborraciata sul piano politico - e soprattutto utile per uscire dalla fame o a cercar di campare facendo pigramente lavori burocratici. Scandalosa al punto di negargli quel Nobel che meritava e che attese fino alla fine, e che, secondo le dichiarazioni recenti della Accademia di Svezia, travolta infine da scandali e attribuzioni dubbie, fu negato per motivi politici (la prefazione di Mussolini del '22) mentre ad altri scrittori fiancheggiatori di regimi totalitari comunisti non mancò. Scandalosa la sua visione cosmopolita, scandalosa la sua fame d'amore e di corteggiatore, scandalosa la sua posizione sul '68, forse più estrema di quella di Pasolini. Scandalosa la sua adesione alla fede quando la cultura à la page se ne allontanava. E scandaloso quel suo modo di vivere, presentare, studiare la poesia come una montagna di senso, un viaggio nel deserto e nella foresta, una passione senza fondo, una nostalgia accesa, non una faccenduola da filologi e professorini. E pur che professore è stato Ungaretti! In Italia e in Brasile, quel suo affascinante perdersi e ritrovarsi in letture e divagazioni che i suoi allievi han fatto in tempo a raccontarmi. Una mole impressionante di studi, di letture, di attività letteraria in tutto il mondo, una lucidità feroce nell'investigare Leopardi, Petrarca, il suo preferito Jacopone. E poi scandaloso nell'aver della poesia una concezione così vasta, religiosa e non stilistica, così libera e profonda da poterla ribadire senza infingimenti dinanzi agli scrittori sovietici del realismo materialista e da riuscire ad accogliere e accompagnarsi alle diverse correnti, dalla Beat Generation ai poeti cantanti brasiliani, dal dialogo con Pasolini, fino al fiuto di intuire in Zanzotto un poeta di vaglia e di reale avanguardia rispetto ad altri che si proponevano come tali. E libero nell'aver dell'arte - indagata e amata nei rapporti con Fazzini e Scipione e altri - una visione attenta alle forze innovatrici, come vide in Burri. Ungaretti porta lo scandalo di un uomo antico e fanciullo nella contemporaneità. Nel '69 guarda la luna conquistata e pur affascinato da quel prodigio lo legge all'interno del perpetuo desiderio umano. Scandaloso infine nel leggere il dolore che lo investe dai tempi della Guerra fino alla terribile morte del figlioletto di nove anni, come condizione ma non prigione dell'essere umano, nomade e in viaggio verso una "terra promessa". Scandaloso, cioè vivo.
(Quotidiano Nazionale, 1 giugno 2020)