Poesie inedite
Da Sette canti contro lo scontento
nella bella casa dei Monda che nella mente svanisce a pranzo erano la Rossellini, la danzatrice Alessandra e Jovanotti il cantante il regista Garrone di successo
ma tu ricordi bene solo lei
la donna del lanciatore di coltelli
poi svanita dalle cene e dalle conversazioni
come fai? chiedile a un passo
dal suo medesimo esser preso di mira:
lo fisso
lo fisso, dice perdendosi
nei cocktail nei farmaci o che buio
di Manhattan l’attira, lei dice: devo
guardarlo negli occhi fidarmi
di lui, sì, adesso
non muovermi, niente
niente paura
se non mi fido completamente, se
solo d’un soffio mi faccio
di lato, millimetricamente
lui mi trafigge, mi sfigura
***
ricordati solo di lei che si stava perdendo, gli occhi fissi alla notte – mentre gli altri andavano alla fama, viene un’epoca dove vanno forte le previsioni del tempo, la teologia della moneta, e
“respect respect” ripetono vacui
adorano il nuovo dio pianeta – ma senza mistica non ci sarà politica, non c’è una visione del tempo, vanno forte ansiolitici e aperitivi in scenari da incanto…
ma il destino è un lanciatore di coltelli
fissalo negli occhi fidati di lui
“mia cara, mi raccomando, si faccia una ricca vita interiore” mormora uno che risponde al nome Cesare, sprofondando…
(e ora Chat, o Lucio o qualunque suonatore di jazz o mazurche ti prego prolunga il suono della tromba o del clarino più del dovuto, tienila, tienila
la nota che apre finalmente al pianto…)
vanno forte le previsioni del tempo…
Leggi anche: Tre poesie per tre illustrazioni
***
La letizia
la letizia
il divino belvedere, uno scorcio
o cosa in un’occhiata al volo
meno molto meno d’un battito d’ala
si fa quartiere in angoli del mondo
oltre ogni previsione –
l’assolo
del bluesman sulla 157 east che sa non sa
o in Casentino in una piccola abbazia
o alla tombola del Banco di solidarietà
la ragazza che tiene testa a Boko Haram
il poetino che con il suo ciuco va
avvistati tra i roseti in una loro andalusia
la letizia, dolce guerriera, fa agguati in luoghi strani
in murales secondari a New York in periferia
nel volto appassionato di don Giussani
ha imperi in cose minime, non segue il branco
la scatola di biscotti semivuota, il barbiere
di Portorico sulla 7ma pieno di sorrisi, le dita
di una figlia sul braccio stanco…
Ripeti piano: contano i particolari, via impegnativa al mistero, non la proliferazione dei dettagli. Ripeti piano: fissa il lanciatore di coltelli, fidati di lui.
Altri inediti
Le cameriere degli hotel
Le vedo nelle stanze che lascio
in giro per il mondo –
l’orario incerto delle mattine,
le mie donne degli hotel
fanno le camere, aprono
finestre, alzano coperte, danno aria
a stanze chiuse sulle vite
scomposte, straniere, affannate
a volte
la traccia d’essere sudate
velocemente nascondono
rapide, splendenti
salutano con la cortesia di dee, padrone
gentili anche se sono dipendenti…
Come non amarle, tutte, indifferente-
mente dai corpi che graziosi o gravi
mostrano con pudore in abiti
da lavoro, tute, grembiuli, panta-
calze, fate non appariscenti
nel giorno che inizia o non inizia
controtempo di noi viandanti…
sono le sibille umili, gentili
delle ore che si aprono, non le sappiamo più
in antri, scale, armadi laccati, specchiere
vanno giù, in scale maleilluminate, vie
oscurate dello spirito, gli stracci
sulle spalle, alla cintura, la fierezza
dell’opera necessaria, e come sempre
si annuncia con rude grazia femminile il mondo
la sua voce spesso incomprensibile va
passa di stanza in stanza
prima di apparire, feroce
e meravigliosa dalle vetrate la città…
Incontri
Cortona è piena di rondoni, dice,
l’estate sono loro, le strida, ride
la signora in tuta
sull’auto lucente per le strade
lungo muri di pietra
ombre si disegnano, è settembre.
A luglio se ne vanno
ed è finita, aggiunge –
poi parla di una vedovanza e sgasa
in salita, quasi rabbiosa forse
per superare il vicolo angusto
la collina, cercare la visione, non sa
come, non sa come.
Cortona mi strappa l’anima, non volo
più?
mi hanno stancato, ferito
l’ombra di me avanza al mio
destino. Ma eccoti, mastino,
sputami in bocca come un amante
su questi tetti italiani
mostra la tua ala che taglia le stagioni
fammi uscire dalla bocca i rondoni
l’estate di grida sperdute in cielo
anche quando bacio il petto dell’inverno
e attendo il suo colpo
come un nome sbagliato –
eccovi arrivato, ripete, ha la faccia
perplessa, non la ascoltavo più
dove ero, dove sono
se non ti lecco più, cielo,
diventando io tuo ignobile cane, inseguimi
ancora, lo sai fare, fin qui
a queste casuali compagnie
– mi allunga le chiavi
l’angelo del b&b
dammi il tuo respiro, dire
niente è mio, nessun paese
nessun desìo
dire: se vai via
non sono nemmeno
nostalgia
Società degli eguali senza visione
solo burocrazia, solo
costituzione
i garantiti al ribasso, il fosso
delle chiacchiere televisive
che sprofondano
trascinando le ultime menti
vive, e i corpi
i delicati, affranti
corpi, a cui più non si crede,
nemmeno più si chiede
la resurrezione
– ma io vedo te, alla fine
di ogni devastazione, e tremo
per la linea unica
del tuo viso, inimitabile e
benedizione tra i mandorli, volo
di rondini indecifrabile…
Rime
Amore mio che tremi
donami i tuoi fiori più strani
gli estremi
****
amore mio che esclami
donami i tuoi più nebbiosi
argentei reami
****
amore mio che muori
donami i tuoi più azzurri
più fatali furori
****
amore mio che ti sgomenti
donami i tuoi oscuri segreti
i tuoi bianchissimi tormenti
****
Fammi morire ascoltandoti
e solo vedendoti fammi morire
non altra fine se non fissandoti
sul tuo nome il fiato tagliami
dove sei tu i passi rapiscimi
***
amore mio che ti allontani
tieni l’ombra delle mie
nelle tue mani?
amore mio che altrove ti volti
sai i miei pianti poveri
segreti, sconvolti?
***
mi hai nella notte nominato
ora sono dimenticato?
con l’acqua di violente lacrime
mi hai battezzato?
***
Ogni amore è dato per la gioia
nel tormento
cosa è amore mio questo morso
questo vento?
sto traversando la selva, la morte –
deve bruciare il suo fuoco
così tutto così forte? )
***
viene fiorendo fiorendo
il fiore bellissimo
tremendo, viene
la sconfitta dell’orgoglio
la vera maestà
nell’alba precipitante e nella palude
lei quasi niente, la umile
e furiosa castità
****
ferma se puoi amore mio
la tua frusta
oggi mio padre cenere è diventato
lo hanno, era forte era stanco,
cremato
ferma amore mio la tua frusta
era l’uomo padre cesta
dove mi riconoscevo
non esiste più
il corpo che mi ha generato
e anche tu
corpo dove mi ritrovavo
mi hai abbandonato – – –
diventi se si può una carezza
questa tempesta che mi passa sulle labbra
attonite – e non so più cosa è
sogno bestemmia folgore brezza…
Compio gli anni, mio padre non c’è più
da due anni e molto altro
mi sta abbandonando, le colline umbre
sono meravigliose qui davanti, lascerai
ogni cosa diletta diceva il poeta
dolente e celestiale – Ma quanto abbandono
occorre traversare per dare la mano
all’aria? morire deve la beatrice della vita
è necessario? chiede dura la mente
addolorata – poi vola a mezz’aria
la rondine di fine luglio, una sconosciuta
onda di fiori lillà sgorga sulle mura prodigiosamente.
E guarda, guarda ancora dice lei millevoci
guarda come è disseminata
la sua bellezza, il suo stellato sangue.
Poi una mano – sei tu, babbo? o chi? – mi carezza
la fronte consumata, che rilegga, rilegga
la poesia mai cancellata tra le spine
tra le rose: “la resurrezione come un movimento
già iniziato nelle cose”
Due poesie nel cambio d’epoca
1) Lettera in versi quasi pasoliniana
a un /una giovane gender free
Ti diranno che il nemico è il patriarcale
mentre la sua maschera peggiore
gode del tuo, che conosco bene, tremare,
e ti vezzeggia, sapendo bene cosa ricavare –
non erotico, ricorda, asessuato o multi
forme è solo il denaro, il mercato
che ti vezzeggia sua nuova categoria,
togliendo al tuo diverso bacio ogni sperdutezza
ogni follia. Diranno: è la tua identità
quel che invece è tremare perdendo
se stessi, furia, supplica, vastità
non io nell’io finalmente, intuarsi
la rosa dei baci che insegue la rosa
e sostituiranno alla tragica meravigliosa
tensione all’unità, la noiosa
replicabile individualità, il rientro
nella norma, nella triste legalità.
E, che è peggio, ti diranno
che sei una novità dei tempi
fingendo di non conoscere
le sognate terribili purezze antiche
in epoche di pagane sottomissioni dei corpi
alle divinità. Ti diranno che io
è l’unico Dio, mentendo su antiche
e nuovissime occhiute teologie
potere, finanza e la loro multiforme
ambiguità. Gli servi ora come uno specchio
in primis alle aeree corti dello spettacolo
la società che ti impone nei suoi varietà
e assottiglia la schiera dei padri
dei figli, in una vita che sempre più
le somigli, fluida dicono ma bloccata
in nessun tremore, nessun pudore o nascosta
verità. L’esibizione continua sarà la conquista
di una vita finalmente immaginata
realizzata senza realtà in ambiti virtuali senza
i tremanti gli oscuri segni carnali –
tu se puoi difendi conserva prega
quel che nel tuo tremore trema
apriti il petto bianco come guerrieri barbari
nella tua solitudine dolce e scema
contro chi sta già chiamando con la tua idiota
e pura condiscendenza “progresso”
una società controllata, tutta
liberata dagli abissi del cielo
che gridano e cantano fuorilegge
i medesimi precipizi del sesso.
2)
Eppure ha la faccia di mio figlio
il tunisino di cui vedo l’arresto
a terra, a terra gridano vicino alla stazione tre
poliziotti dall’accento siciliano
qualcuno dice fate presto, presto
e io penso fate anche un po’ piano
fan bene la zona da tempo è
spaccio malaffare violenza
ma tremo d’insensato pianto
ha circa quell’età, 18 anni? mi guarda –
o responsabilità, o figliolanza
e cuore, cuore mio sempre in arresto